17 giugno 2015

I gatti di Steinlen 1

La mia passione per i gatti e per l'arte ispirata a questo adorabile felino mi ha dato modo di conoscere ed ammirare questo pittore, scultore, illustratore, caricaturista e umorista, Théophile-Alexandre Steinlen (Losanna 1859 - Parigi 1923) nacque in Svizzera, ma visse fin da giovane nella Parigi della Belle Epoque, di cui seppe cogliere i molteplici aspetti, anche fortemente contraddittori. La sua casa a rue Caulaincourt a Montmartre era il punto di ritrovo di tutti i gatti del quartiere, a cui Steinlen dava volentieri ricovero. I parigini soprannominarono infatti il luogo “Coin des chats” (“Angolo dei gatti”). In giro per Montmartre dipingeva i suoi “modelli” mentre facevano le loro ronde notturne sui tetti, prendevano d’assalto le pattumiere, davano la caccia alle loro piccole prede o si davano ad esercizi di equilibrismo lungo le grondaie. Ma dipinse anche gatti domestici, appartenenti ai suoi colleghi o conoscenti. Gatti più ”borghesi”, diciamo, ritratti in atteggiamenti più convenzionali e “bon ton”. Amava tutte le infinite sfumature dei loro movimenti, di cui riusciva a riprodurre ogni minima variazione ed era attratto dalla loro duplice natura: selvatica e domestica, sfrenata e indolente, aggressiva e serafica. il gatto, in quanto “figura”, possedeva per lui anche delle proprietà simboliche. Famoso è, infatti, il suo Le chat noir Gaudeamus, del 1890, un quadro che dipinse per gli interni del Cabaret. Un gatto nero tiene un'orifiamma con l’iscrizione latina “Gaudeamus”, che cita una canzone goliardica, rimasta ancora oggi l’inno internazionale degli studenti universitari, e che inizia così: "Godiamo ordunque, mentre siamo giovani. Dopo l’allegra gioventù, dopo la scomoda vecchiaia, ci riceverà la terra". 
Il gatto innalza la bandiera rossa con aria trionfante e vittoriosa e diventa così un simbolo d’indipendenza, di forza e di una gioia di vivere che corre via veloce, ma che proprio per il suo entusiasmo e la sua travolgente vitalità “inganna” la morte e la sconfigge.
Un gatto, insomma. Un gatto e la Belle Epoque.












Eccomi, dice il gatto, amami come sono oppure non amarmi affatto.


(J. Moussaieff Masson)


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